“Non è normale che un maschietto abbia le unghie così rosa” -cit.
Come quando, nell’aula di una terza elementare, all’età di soli otto anni, mentre eravamo tutti con le mani sulla cattedra per giocare a “Ponte ponente ponte pì” approfittando dell’ora di supplenza, la maestra mi afferrò sbalordita il polso ed esordì: “Ma la tua mamma ti tinge le unghie? Guarda che unghia rosa che hai!” Ricordo ancora lo sguardo attonito dei compagnetti, tutti a fissare le mie dita. Prontamente risposi di no, che non le tingevo; intimorito e imbarazzato cercavo di tirare le mani per nasconderle dietro la schiena, ma era tutto inutile, perché lei, la supplente, le stringeva con forza avvicinandole ai suoi occhi per osservarle meglio e, cercando anche la conferma delle mie compagnette di classe, continuando a inveire: “Guardate anche voi il colore di queste unghie, non vi sembrano smaltate? Dimmi la verità, te le tingi da solo? Possibile che tua madre non se ne sia mai accorta? È un rosa troppo acceso per poter essere naturale. Oggi stesso parlerò con la direzione e farò convocare tua madre! Un maschietto non deve tingersi le unghie! Alla tua età poi, ma stiamo scherzando? Chiederò un incontro con i tuoi genitori per chiarire questa cosa!”
-Ora, a te che leggi sembrerà un’esagerazione, ma prova a metterti nei panni di un bambino assai timido e introverso e che, per ragioni che non sto qui a citare, iniziava già di suo a vedersi diverso dal resto del mondo intorno a sé; prova a immaginare come dovesse sentirsi a dover subire un simile affronto e imbarazzo davanti a tutta la classe-.
Ricordo che tornai a casa in lacrime; ero terrorizzato all’idea che quella donna, quella stronza, potesse davvero parlare con la direzione. Pochi giorni prima, era accaduto che quella stessa direzione scolastica avesse richiesto e ottenuto l’intervento degli assistenti sociali, per l’espulsione di un bambino particolarmente violento e ingestibile, dall’intero istituto; quindi io, a quelle parole, ero letteralmente terrorizzato all’idea che qualcosa di analogo potesse succedere anche a me, che la direzione potesse mandare, che ne so, gli assistenti sociali in casa mia per indagare “sulle mie unghie”, se davvero le tingessi o cosa, e allora sai che casini per la mia famiglia, che vergogna! Quanti pensieri mi assalirono in quel pomeriggio. Ricordo ancora il volto di quella donna come se lo avessi visto ieri per l’ultima volta, ricordo le sensazioni che provavo, ricordo di aver per la prima volta desiderato e sperato che una persona, quell’unica persona, quella donna così orrenda e cattiva, potesse sparire per sempre dalla faccia della terra; un incidente stradale, una caduta accidentale in casa, per esempio. Ricordo che volevo nascondermi o mozzarmi i polpastrelli delle dita. Le mie mani, le mie dita, le mie unghie così naturalmente perfette erano diventate oggetto di cui aver vergogna, qualcosa da dover nascondere a tutti i costi, perché “non è normale che un maschietto abbia le unghie così rosa”. E ricordo che, quando non molto tempo più tardi, ci fu assegnato lo studio e la lettura del racconto di “Rosso Malpelo”, fu inevitabile l’indentificarmi nel protagonista: un bambino considerato sin dalla sua nascita come “malvagio e figlio del demonio” per via del pregiudizio sui suoi capelli rossi ed io, ancora bambino, considerato “figlio del demonio” per via di “tendenze” e gusti sessuali ritenuti “abominio” dalla religione e dai pregiudizi della società! Lessi e rilessi quell’opera letteraria fino all’esasperazione finché un passaggio specifico, da un certo momento in poi, richiamò la mia attenzione: nel disperato tentativo di disseppellire il corpo del padre rimasto travolto dal crollo di un pilastro, il povero protagonista iniziò a scavare nella rena (sabbia e calcinacci), fin tanto che (cito testualmente) “le unghie gli si erano strappate e gli pendevano dalle mani tutte in sangue” . Leggevo e rileggevo queste parole trovando in esse una possibile soluzione alla vergogna che provavo per le mie unghie: estirparle dalla radice! “Se qualcuno lo ha scritto qui”, pensavo, “è perché può davvero succedere!”, eh sì, perché nel mio mondo da “diverso”, quel povero ragazzo doveva esser esistito per davvero. Così, succedeva spesso che mi mettessi a scavare a mani nude nel terreno di fronte casa, con l’intento di danneggiare rovinosamente quelle unghie diventate tanto vergognose per me, perché “non è normale che un maschietto abbia le unghie così rosa”. Alla fine riuscivo solo a insozzarle di terra e fango, perché oltre, non avrei sopportato il dolore.
Come quando in terza media, appena adolescente, mentre la professoressa spiegava rivolta verso la lavagna, io tenevo le mani sul banco e il compagno e amico che per quel giorno stava seduto di fianco a me, vi poggiò sopra la sua, come quando si dà un’amichevole pacca sulla spalla e senza malizia alcuna. Il caso volle che proprio in quell’istante la maestra si girasse verso di noi e, alla vista di quel movimento, di quel gesto, sbottò dicendo che “due maschietti certe cose non le fanno”. Era sconveniente per due maschi ormai adolescenti scambiarsi carezze sulle mani (che poi carezza non era, ma questo era convinta di aver visto lei) e che queste cose, in una sua classe e soprattutto nelle sue ore, non dovevano avvenire. La ricordo bene, lei, il suo viso, il suo nome e cognome e la materia che insegnava. Eh sì, perché solo qualche giorno più tardi sarebbe successo che la professoressa di lettere, storia e geografia dopo aver fatto le sue indagini e aver snocciolato i miei voti a confronto dell’allora unico candidato alla borsa di studio indetta dall’istituto, propose al consiglio di classe la mia stessa candidatura, ma senza successo e senza alcun seguito perché, nonostante i miei voti fossero effettivamente alti, mi mancavano i lavori pratici e di laboratorio proprio della materia di quella stronza che anziché pensare a far bene il proprio lavoro, si concentrava a condannare gesti di innocente affetto tra amichetti. Ricordo l’imbarazzo che provai non tanto per me, ché comunque ero già bersaglio e oggetto di voci, scherni e battutine varie, quanto per il mio compagno, che per un semplice gesto di amicizia si trovò coinvolto, suo malgrado, nella vicenda. Inutile dire che da allora, certe attenzioni non ci sono più state e che anzi, il bel rapporto di innocente amicizia che si stava instaurando, si spense molto rapidamente.
Come quando in quella chiesa evangelica, ormai superati i 20 anni di età e quindi quasi adulto, il pastore e il suo fido braccio destro, mi trassero (peraltro con inganno) in una stanza e, proprio per il mio aver ammesso tutto e aver sinceramente risposto affermativamente e senza mai nulla omettere o nascondere alle loro domande tanto dirette, quanto intime e impertinenti, la loro reazione fu perentoria: “Ma cosa c’è di sbagliato in te!” E no, non era una domanda ma un’affermazione, meglio ribadita e seguita poi dal relativo giudizio e sentenza: “Tu sei tutto sbagliato! Non c’è niente di puro in te! Eppure tu partecipi attivamente ad ogni attività di questa chiesa: collabori in radio, ti occupi del volantinaggio e quel che è peggio suoni e canti, in questa chiesa; tu sei un canale di impurità per l’assemblea e noi non potremo più permetterti di contaminare questo luogo! Sappi quindi che” e qui tuona la sentenza con condanna! “da oggi ti verrà tolto ogni incarico e responsabilità! Da questo momento in poi non ti sarà più concesso di fare nulla. Hai capito? Non potrai più suonare, né cantare; non potrai più collaborare in radio, né tantomeno alla piegatura e distribuzione delle stampe di questa chiesa, perché tu sei un abominio davanti a Dio e a questa chiesa. Tu sei un canale di contaminazione nella chiesa” (ché togliendo me, invece, stillavano santità, come no!) e ancora: “Ti sarà concesso di frequentare i culti ma arriverai a servizio già iniziato, ti siederai lontano dalla corale, possibilmente nelle ultime file e te ne andrai poco prima della fine del servizio, perché nessuno abbia a contaminarsi venendo a contatto con te! E questi sono ordini, se vuoi continuare ad esser membro di questa chiesa e affinché tu possa ricercare la tua purificazione e santificazione!” E ancora (ché tu che leggi pensavi fosse finita?): “La verità è che ha pienamente ragione chi sostiene che per quelli come te non c’è speranza; che quelli come te non cambieranno mai; che tu, non cambierai mai! Da questo momento sei sotto disciplina e ti atterrai a queste regole, per procacciare la santificazione e anzi, prega e spera che ci possa essere ancora salvezza davanti a Dio per te!” E credimi, nonostante i miei 40 anni ormai superati, ancora oggi, a ripensarci, rivedo quegli sguardi carichi di disprezzo, un disprezzo tanto pesante da schiacciarmi e affossarmi per i successivi anni e oltre. Non provo più quelle sofferenze, quel senso di condanna, morte e devastazione, grazie a Dio no, ma le ricordo dettagliatamente come fossero non più lontane di ieri .
Come quando in età ormai adulta, dopo aver combattuto e vinto con la morte fisica, questo mio cuore malato mi ha spinto a voler tornare lì, dove nonostante tutto sono rimasto legato, dove ho vissuto la mia infanzia, dove nonostante tutto, continuavo a ritenere sempre come fosse per me casa; eppure ancora oggi, al solo pensiero di affidarmi eventuali impegni, ruoli o altro, c’è chi continua a tuonare: “Lui no, perché…” e il perché è la mia storia che mi precede, la mia natura abominevole che sempre può riemergere e tornare (posso dirlo? Ma sì tanto l’articolo è mio: in realtà non è proprio mai morta!). E succede ancora oggi, quando ti ci ritrovi in mezzo, che se non stai attento, se non sei pienamente consapevole e sicuro di te, torni a sentirti sbagliato, a riabbracciare quei pensieri, a dare ragione a quelle parole, nel tentativo assurdo ed estremo di voler essere più simile a loro per poter piacere a tutti i costi, ed ecco che in quel caso diventi un surrogato, un ibrido privo d’identità propria, irriconoscibile, insoddisfatto e infelice.
E ancora oggi, le amicizie si sgretolano, le voci si susseguono, le dita si puntano e la retorica, l’avvisarsi fra loro con frasi come: “Stai attento, guardati da quelli come lui, perché tu magari non sai, ma…” o “forse già sai, ma…”
Dio solo sa quanto io mi sia potuto sentire sbagliato in tutti questi anni; non voluto, denigrato, mal visto, disprezzato, disonorato. E quante volte ho pensato di essere un problema per i compagni di scuola, per le maestre, per la famiglia, per la chiesa, per me stesso. Dio solo sa quanti pomeriggi trascorsi a piangere, a desiderare di morire perché “un abominio” che si convince di esser tale, che vuoi che se ne faccia della vita? Quante parole gridate al vento e a Dio: “Sei Tu che mi hai creato! Tu mi hai intessuto nel seno di mia madre; io sono stato fatto in modo stupendo, io non posso essere un errore per come dicono …” E “Che colpa ne ho io, se dacché ho ricordi, sono quello che sono?” Quanti anni vissuti a nascondermi (anche male, se vogliamo), perché nessuno vedesse e nessuno sapesse.
Come quando… Oggi! Perché nessuno, che sia bambino, ragazzo, adolescente o adulto debba mai più sentirsi sbagliato; perché nessuno debba mai più nascondersi, perché nessuno debba mai più arrivare ad odiare se stesso fino a bramarne la morte. Perché nessuno, insegnante, compagno di classe o di giochi, genitore o parente, diacono o autorità religiosa che sia, possa mai arrogarsi il diritto di schiacciare, mortificare, umiliare, allontanare, condannare l’altro in quanto diverso (che poi, diverso da chi?)
Ora chiedimi perché scelgo di sostenere quelli come me e le loro battaglie. Ora chiedimi perché anch’io dico sì al DDL ZAN e ad una legge che metta fine a questi giochi di potere messi in atto da chi si pone ad essere superiore, secondo canoni e comportamenti dettati da una società fatta ad immagine di un dio creato dall’uomo e non da Dio stesso. Ora chiedimi perché, mai e poi mai potrei dichiararmi “ex omosessuale” in quanto cristiano, ma continuerò sempre ad identificarmi in chi ero, sono e sempre sarò:
1. “Cristiano” per predestinazione accettata e perché non posso farne a meno, adoratore che sceglie per necessità propria di raggiungere il cuore di Dio presentandosi così com’è, senza riserve alcune;
2. “Omosessuale” per nascita o comunque per vissuto!”
Due realtà apparentemente contrastanti ma che trovano la loro naturalezza di essere un’unica entità, in quanto me! E non si può dire che non ci abbia provato ad eliminarne una delle due, ma sia in un caso che nell’altro non riuscivo mai a piacermi: ne veniva fuori un me mozzato in cui non mi rispecchiavo, in quanto non ero mai del tutto ed effettivamente felice.
A volermi definire, direi che sono un “Cristiano Rainbow”, forse il primo o forse no, ma di certo consapevole di esserlo dacché ne ho memoria.
Ora chiedimi perché dico basta alle predicazioni dottrinali di chi cavalca i pulpiti in nome delle proprie ideologie! Scienze e religioni non possono cambiare ciò che la mia stessa vita attesta e grida da sempre! Sono chi sono, sono ciò che sono e questo non potrà e non dovrà mai cambiare (l’unica cosa giusta che anche quei pastori mi abbiano mai detto!) Nessuna predicazione o citazione potrà mai cambiare chi sono, né mai più potrà farmi sentire sbagliato, perché è la mia vita a dirmi che sono grandemente amato e benedetto da sempre e per sempre, così come sono! Per quanto mi riguarda, continuerò ad entrare a testa alta nelle vostre chiese e se questo è un problema per voi, se chi io sono vi turba tanto, fate tranquillamente a meno anche di salutarmi; sarò ben lieto di fare a meno di voi nella mia vita!
Una frase disse mia madre, quando i chirurghi del nosocomio in cui per un tempo mi trovai ricoverato le comunicarono che non avrei superato la notte in seguito ad un grave, non operabile e quindi letale blocco intestinale: “Ho sempre saputo, ma lui è sempre ed è sempre stato mio figlio!” Ecco, queste sono per me le parole che Dio mi dice ogni qualvolta mi accosti a Lui: “Ho sempre saputo, ma tu sei sempre e da sempre mio figlio”. E in quell'”È compiuto”, leggo proprio il compimento di questa imprescindibile realtà per la mia vita
Cristiano Rainbow, chi l’ha detto che non si può?
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Bellissimo ❤
Sii sempre te stesso perché sei speciale e meraviglioso così come sei e ti amiamo per questo ❤❤❤
Mi sono emozionata di nuovo rileggendolo…sono orgogliosa di te,sei unico …ti voglio troppo bene ❤️
Letto tutto sei la natura perfetta di te stesso e chi è se stesso con amore sarà accolto tra le braccia di Dio senza pregiudizio amare se stessi e amare ciò che si è liberamente perfetti …io ti adoro tu lo sai ❤️ Amour
Beh, intanto potresti scrivere un libro. Per quanto riguarda il resto…che dire!!! Credo che chi si fa troppi problemi riguardo gli altri ha lui stesso grossi problemi. Il problema non sei e non sarai mai tu, ma chi, non avendo un cazzo da fare, trascorre la sua miserabile vita a giudicare gli altri non guardandosi mai allo specchio. Vivi Max e insegna agli altri come vivere.
Ed io ti riconosco in quanto essere meraviglioso, unico ed irripetibile! Sono dallo stesso lato della barricata, lì dove la cattiveria non ci tocca più, dove siamo liberi di essere inviolabilmente noi. Totalmente LGBT+ come chi ci ha creati.
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