“Più in là di ogni domani…” – Ode all’Amico

Oggi hai fatto il tuo ultimo ingresso in scena, per poi volare via, su e ancora più su, oltre l’orizzonte, oltre le stelle e il sole, oltre lo stesso cielo. E insieme a te volava la mia mente, a ripercorrere gli anni vissuti ad arricchirmi della tua essenza.

Le nostre vite si sono incrociate quando io avevo da poco avuto un arresto cardiaco. È stata da subito amicizia con l’Amore maiuscolo. Hai preso in mano il mio cuore con tutte le sue ammaccature e hai iniziato a levigarne le ferite, amalgamandolo col tuo, fino a fonderli insieme, tanto che non so più definire il momento in cui le nostre anime si sono indissolubilmente saldate insieme, e non saprei neanche più capire dove finisce il mio e inizia il tuo.

Certo è che mai avrei potuto immaginare di dover, in un presente così brusco, vivere, subire e accettare inerme il tuo, di arresto cardiaco.

Ero io quello dal cuore malato, non tu!

Ed ora è lì che sei rimasto ancorato, stretto stretto, legato al mio di cuore, che già a stento reggeva per me solo.

Questo cuore malato è e sarà per te casa (diroccata), per sempre.

Insieme abbiamo calcato palchi, sogni, scene, teatri, siamo addirittura saliti a bordo di una nave che ci ha portati lontani, al largo.

E senza che me ne accorgessi, hai lasciato che io scendessi da solo quei tre scalini.

“Mica era sceso, lui.”

Ero convinto di averti dietro di me. Da lontano mi sembrava di scorgerti, sì, ti scorgevo sempre con lo sguardo ogni volta che lo rivolgevo verso di te, tu c’eri sempre, sempre lì, ma…

“Mica era sceso lui.

Niente luce, sulla nave, c’era solo quella che filtrava da fuori, chissà la notte com’era.

Le mani bianche, la giacca ben abbottonata, le scarpe lucide.

Mica era sceso, lui.

Nella penombra, sembrava un principe

Mica era sceso, sarebbe saltato insieme a tutto il resto, in mezzo al mare.

Gran finale, con tutti a guardare,

dal molo, e da riva,

il grande fuoco d’artificio,

adieu, giù il sipario, fumo e fiamme,

un’onda grande, alla fine.

Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento.”

 

E li hai aspettati per davvero i botti, quelli di capodanno, per coprire di gloria la tua uscita di scena,

lasciandoci così, tutti attoniti, increduli, intontiti dal rumore assordante dei botti e delle urla strazianti di dolore.

Tutti con un pezzo in meno al risveglio.

È che forse non ero stato tanto bravo a spiegartelo, avendolo già vissuto: un cuore lacerato non lo ricuci più.

Puoi operarlo, ma rimarrà malato, dolorante e sanguinante per sempre.

E io ne conosco bene i sintomi.

Andandotene via così, hai insanabilmente lacerato i cuori di chi ti amava, ora lo sai.

Oggi, osservando impotente mentre portavano via il tuo corpo esanime chiuso in quella bara di legno, pensavo a tutte quelle volte in cui, salutandoci al calar della notte, ti raccomandavo di scrivermi non appena arrivato a casa.

Non lo hai mai fatto, così tutte le volte scrivevo a Vincenzo, l’amico tuo più caro che per tutto il tempo ha vegliato sulla tua vita, ed era lui a rispondermi prontamente:

”Tranquillo, pa’ (da quel nostro primo spettacolo ero diventato ormai “papa’” per tutti!), l’ho appena lasciato a casa e sto rientrando pure io. Dormi sereno.”

E chi avrebbe potuto immaginare che proprio nella sicurezza di quella casa si sarebbe consumato il tutto in una manciata di pochi minuti.

Ero effettivamente sereno, io, mentre la tua vita ci veniva strappata via.

Hai lasciato la mia mano fisica per sempre, ma mai quella del cuore, perché due anime saldate insieme non le separi più.

Sei stato l’incarnazione dell’amore più puro, essenza piena della lealtà più assoluta, Amico fedele e sincero, sempre presente, sempre pronto a tendere la tua mano in cerca di coloro che amavi e stimavi, sempre tu!

Ti amo per sempre, Amico mio, di quell’Amore sincero e limpido che solo da una vera e sana amicizia può scaturire;

ti amo per sempre, Amico mio, di quell’Amore profondo e invincibile che solo un cuore puro e leale come il tuo avrebbe potuto mai concepire e accogliere;

ti amo per sempre, Amico mio, di quell’Amore che è più forte della stessa morte e che per tanto, sarà legame per sempre, come un sigillo sul cuore.

Sarò un po’ più solo, da oggi, sul palco della mia vita, condurrò la mia vita sapendo che tu non ci sei più,

ma sicuro che se ascolterò bene ti sentirò scalciare dietro la porta del cuore,

e allora urlerò: “Sei tu, Jacob?”

E tu entrerai e discuteremo insieme come padre e figlio, in quella scena resa immortale per sempre…

“Più in là di ogni domani…”

 

In lovely memory of Marco Martino, best friend ever

 

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